6.4 Convalida dell’apprendimento non formale e informale
In questa pagina:
- Modalità di convalida dell’apprendimento non formale e informale
- Informazioni e linee guida
- Garanzia di qualità
Modalità di convalida dell’apprendimento non formale e informale
Secondo le indagini periodiche condotte dall’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (Isfol), ora Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) (cfr. 6.2) i principali gruppi target per l’apprendimento non formale e informale per i quali si vanno delineando processi di validazione delle competenze, anche di tipo non formale, all’esterno dei percorsi formali di istruzione e formazione sono:
- disoccupati o lavoratori a rischio di disoccupazione;
- lavoratori in settori scarsamente regolamentati e professionisti con necessità di accreditamento;
- lavoratori immigrati senza qualifiche formali che ormai assumono un ruolo base in interi segmenti del mercato del lavoro (vale a dire nei settori della logistica, dell'edilizia, ‘lavori bianchi’ per l'assistenza sanitaria e di assistenza sociale);
- giovani italiani altamente qualificati che si trasferiscono all'estero per lavoro o studio;
- volontari, stagisti, apprendisti.
La Legge 92/2012 sulla riforma del mercato del lavoro ha fornito per la prima volta una definizione univoca del concetto di apprendimento permanente: ‘per apprendimento permanente si intende qualsiasi attività intrapresa dalle persone in modo formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita, al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze, in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale’.
Per apprendimento formale, si intende quello che si attua nel sistema di istruzione e formazione e nelle università e istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, e che si conclude con il conseguimento di un titolo di studio o di una qualifica o diploma professionale, conseguiti anche in apprendistato, o di una certificazione riconosciuta.
Per apprendimento non formale si intende quello caratterizzato da una scelta intenzionale della persona, che si realizza al di fuori dei sistemi formali, in ogni organismo che persegua scopi educativi e formativi, anche del volontariato, del servizio civile nazionale e del privato sociale e nelle imprese.
Per apprendimento informale si intende quello che, anche a prescindere da una scelta intenzionale, si realizza nello svolgimento, da parte di ogni persona, di attività nelle situazioni di vita quotidiana e nelle interazioni che in essa hanno luogo, nell'ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero.
Inoltre, la legge ha previsto l’istituzione di un sistema pubblico nazionale di certificazione delle competenze, fondato su standard minimi di servizio omogenei su tutto il territorio.
Per ‘competenza certificabile’ si intende un insieme strutturato di conoscenze e di abilità riconoscibili anche come crediti formativi, previa apposita procedura di validazione nel caso degli apprendimenti non formali e informali. La certificazione delle competenze viene definita come un atto pubblico finalizzato a garantire la trasparenza e il riconoscimento degli apprendimenti, in coerenza con gli indirizzi fissati dall'Unione europea. La certificazione conduce al rilascio di un certificato, un diploma o un titolo che documenta formalmente l'accertamento e la convalida effettuati da un ente pubblico o da un soggetto accreditato o autorizzato.
La RUIAP (Rete delle Università Italiane per l’Apprendimento Permanente) svolge un ruolo decisivo nella promozione di iniziative di apprendimento permanente anche collegate ai CAP (Centri per l’Apprendimento Permanente) delle diverse università associate.
Il Decreto Legislativo n. 13/2013, emanato in attuazione della Legge n. 92/2012, ha definito le norme generali sul sistema nazionale di certificazione delle competenze e rende operativo il ‘Sistema Nazionale di Certificazione delle Competenze’, si propone di far emergere e far crescere le competenze professionali acquisite non solo sul lavoro ma anche nel tempo libero, in modo da promuovere la mobilità geografica e professionale, favorire l’incontro tra domanda e offerta nel mercato del lavoro, accrescere la trasparenza degli apprendimenti e la spendibilità delle certificazioni in ambito nazionale ed europeo.
In base al summenzionato decreto, il 30 giugno 2015, un decreto interministeriale (Ministero del lavoro e Ministero dell’istruzione) ha definito il Quadro nazionale delle qualifiche regionali. Esso ha stabilito: un meccanismo di riconoscimento reciproco tra le qualifiche regionali; processo, attestazione e procedure standard di sistema per i servizi di identificazione/validazione dell'apprendimento non formale e informale e della certificazione delle competenze.
Il decreto interministeriale (Ministero del lavoro e Ministero dell’istruzione) dell’8 gennaio 2018 ha istituito il Quadro nazionale delle qualificazioni (QNQ) quale strumento di descrizione e classificazione delle qualificazioni rilasciate nell'ambito del Sistema nazionale di certificazione delle competenze.
Il QNQ rappresenta il dispositivo nazionale per la referenziazione delle qualificazioni italiane al Quadro europeo delle qualifiche (European Qualification Framework), con la funzione di raccordare il sistema italiano delle qualificazioni con i sistemi degli altri Paesi europei. Il QNQ ha l'obiettivo di coordinare e rafforzare i diversi sistemi che concorrono all'offerta pubblica di apprendimento permanente e dei servizi di individuazione e validazione e certificazione delle competenze.
Un aspetto innovativo del nuovo sistema di istruzione degli adulti, che contribuisce a promuovere le politiche nazionali dell’apprendimento permanente, è la valorizzazione del patrimonio culturale e professionale della persona a partire dalla ricostruzione della sua storia individuale. L’introduzione del Patto formativo individuale consente, infatti, il riconoscimento dei saperi e delle competenze formali, informali e non formali posseduti dall’adulto.
Il Patto è un contratto condiviso e sottoscritto dall’adulto, dalla Commissione (il cui compito principale è la definizione dello stesso) e dal dirigente del CPIA e - per gli iscritti ai percorsi di II livello - anche dal Dirigente Scolastico della Scuola Secondaria Superiore. Con il Patto formativo individuale viene formalizzato il percorso di studio personalizzato (PSP) relativo al periodo didattico del percorso richiesto dall’adulto al momento dell’iscrizione. Al Patto viene allegato il Certificato di riconoscimento dei crediti per la personalizzazione del percorso.
I progetti di Cimea (Centro di Informazione sulla Mobilità e le Equivalenze Accademiche) sono orientati anche il riconoscimento dei titoli in Italia conseguiti in altri contesti internazionali. Sull’apprendimento non formale e informale è stato avviato il progetto Italian Cooperation 4 Transparency of Skills & Mobility che vuole supportare lo sviluppo di norme generali e standard per la definizione e validazione dell’apprendimento non formale e informale, nonché facilitare le certificazioni delle competenze, al fine di valorizzare l’apprendimento degli individui, a prescindere dall’ambiente in cui l’apprendimento abbia avuto luogo.
Cimea ha promosso e attivato il Coordinamento Nazionale sulla Valutazione delle Qualifiche dei Rifugiati (CNVQR): una rete informale di esperti operanti all’interno delle istituzioni di istruzione e formazione superiore che si occupano di riconoscimento delle qualifiche, per condividere le pratiche valutative, i casi problematici, le fonti informative e le prassi metodologiche nei casi di valutazione delle qualifiche in possesso di rifugiati, anche in assenza o con scarsa documentazione.
Nell’ambito del progetto DimiCome della Fondazione ISMU, è stato elaborato un set di ‘Linee guida per l’identificazione e la valutazione delle soft skills dei migranti’. I migranti portano con sé un bagaglio di risorse personali di alto valore, ma non sempre la società ricevente è in grado di riconoscere e mettere a frutto questo potenziale in un’ottica di Diversity Management. In particolare, per valorizzare il ricco patrimonio di cui i migranti sono portatori, è cruciale sviluppare le metodologie e gli strumenti disponibili per il riconoscimento delle skills acquisite in contesti non formali e informali. Si tratta di una serie di indicazioni operative che intendono migliorare l’efficacia degli interventi volti alla messa in trasparenza e alla valorizzazione di queste preziose risorse. Le linee guida sono state messe a punto attraverso la consultazione di 30 realtà impegnate nell’identificazione e valutazione delle competenze dei migranti. La consultazione ha coinvolto soggetti operanti in Lombardia, Veneto, Lazio e Puglia, con il coinvolgimento dei partner internazionali di progetto, ovvero organizzazioni con una ricca esperienza nel settore e attive in Francia, Germania e Ungheria.
Il Decreto ministeriale n. 774 del 4 settembre 2019 ha approvato le nuove linee guida volte a potenziare l’orientamento all’interno della Scuola secondaria di secondo grado. L'attività didattica, oltre a trasmettere e far apprendere contenuti, mira all'incremento della crescita del sé all'interno della realtà sociale in cui il giovane è inserito, potenziando le abilità possedute per leggere e fronteggiare la realtà complessa del mondo odierno, grazie allo sviluppo dei processi di conoscenza, crescita e apprendimento. In questo quadro si inseriscono le competenze orientative, ovvero l'insieme di risorse, caratteristiche, abilità, atteggiamenti e motivazioni che permettono alla persona di affrontare consapevolmente l'esperienza formativa. Necessario è che la scuola predisponga attività per sviluppare tali competenze.
Tra i sistemi e gli strumenti di convalida delle competenze apprese vi è il bilancio di competenze che ha trovato un progressivo, anche se ancora incompleto riconoscimento normativo. In senso generale le azioni di bilancio di competenze permettono ai lavoratori di analizzare le proprie competenze professionali e personali, così come le proprie attitudini e motivazioni, allo scopo di determinare un progetto professionale e, se necessario, un progetto di formazione. Nella circolare n.93/13 del 1993 della Delegazione alla Formazione Professionale (DFP) del Ministero del Lavoro, viene specificato che un bilancio di competenze deve permettere al lavoratore di passare in rassegna tutte le sue attività professionali allo scopo di fare il punto sulle sue esperienze personali e professionali; reperire e valutare le sue acquisizioni legate al lavoro, alla formazione alla vita sociale; meglio identificare i suoi saperi, le sue competenze e attitudini; scoprire le sue potenzialità inesplorate; raccogliere e strutturare gli elementi che gli consentono di elaborare un progetto professionale e personale; organizzare le sue priorità professionali, gestire al meglio le sue risorse personali e utilizzarle nella negoziazione dell’impiego o nella scelta di carriera.
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