3.1 Contesto generale
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Situazione del mercato del lavoro nel Paese
L'Italia rimane il paese con il più basso tasso di occupazione nell'UE-15 dopo la Grecia: alla fine del 2020 era del 61,9% (63,5 nel 2019) contro il 71,7% dell'UE-27, il 58,3% della Grecia, il 78,3% della Germania e il 77,8% della Danimarca, nonché il 72,1% della Francia e il 65,7% della Spagna, [fonte: Eurostat – Employment rate by sex, age group 20-64 ].
I dati sono stati ampiamente influenzati dalla pandemia COVID19, anche se una vera valutazione sarà possibile probabilmente il prossimo anno, le conseguenze più immediate e tragiche sono ancora visibili. Per questo motivo il Rapporto sul mercato del lavoro. Una lettura integrata, di quest'anno, pubblicato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con ISTAT, INPS, INAIL e ANPAL, si concentra soprattutto sullo scenario pandemico.
È emblematico a questo proposito che il titolo del primo capitolo sia "2020 Mercato del lavoro: Una crisi senza precedenti", mostrando i drammatici effetti del COVID19 su economia e lavoro. Nonostante le misure di sostegno introdotte dai governi, soprattutto nel periodo tra luglio e novembre, le perdite di posti di lavoro sono state più di 300.000, con una percentuale significativa tra le persone impiegate con un contratto a tempo determinato.
Alcune categorie sono state più colpite di altre e in particolare quelle che rappresentano un'enorme percentuale della forza lavoro italiana, come le piccole imprese a conduzione familiare, le imprese alimentari e turistiche, un gruppo eterogeneo di lavoratori indipendenti; manifestando così le debolezze strutturali del sistema nazionale che hanno reso la ripresa ancora più difficile.
Gli effetti più pesanti sono stati causati da una drastica riduzione dei consumi e dal blocco quasi totale di tutto ciò che è legato alla mobilità e alle attività di import-export durante i periodi di lockdown, che hanno inciso anche sul PIL, come in tutti gli altri paesi del mondo.
Grazie al positivo effetto delle riaperture estive, che in Italia è stato eccezionale (+15,9%), il calo si è in parte attenuato ma rimane comunque a un -5%, molto più alto di quelli della Francia (-3,9%) o della Germania (-4%), per esempio.
La stessa tendenza potrebbe essere registrata anche per quanto riguarda i tassi di occupazione, che sono attualmente a -2,3%, leggermente meglio del -3,1% registrato nei primi tre mesi del 2020. Tra giugno e novembre infatti sono stati recuperati quasi 241.000 posti di lavoro, con una percentuale maggiore di occupati a tempo pieno, grazie soprattutto ad una serie di misure di sostegno volte a migliorare la situazione generale italiana, pesantemente colpita dalla precarietà anche prima della pandemia.
Un altro importante cambiamento è conseguentemente avvenuto nel mercato del lavoro, mostrando come le categorie già emarginate (giovani, donne e cittadini stranieri) siano state ancora una volta le più penalizzate, aggravando così i divari esistenti. I giovani under 35 ad esempio mostrano un gap del 21% rispetto agli over 50 (era del 19,3% nel 2019).
Un dato preoccupante è anche l'incredibile aumento di chi non cerca attivamente lavoro e di chi non è disponibile a lavorare, che sono diventati +402 mila, il 3,9% in più rispetto all'inizio del 2020.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, lo spostamento più significativo è quello rappresentato dal cambiamento delle modalità di svolgimento del lavoro, con lo smart working che passa dal 5% del 2019 al 19,4% del 2020, con cifre destinate a crescere nel tempo, considerando che il confronto tra il numero di professioni che potrebbero essere (teoricamente) svolte da remoto e le persone che effettivamente lavorano da casa mostrano un potenziale ancora da raggiungere.
Altre statistiche importanti si trovano nel Rapporto Annuale 2021. La situazione del Paese dell'ISTAT, che mostra come i livelli di istruzione più alti abbiano agito come protezione durante la crisi, soprattutto per le donne tra i 25 e i 64 anni che hanno una laurea, il cui tasso di occupazione è aumentato del 4% rispetto a quelle che hanno un diploma di scuola superiore (+0,9%).
A questo proposito vale sempre la pena menzionare il divario tra le regioni del Nord e quelle del Sud, che anche nel caso degli uomini con una laurea si mostra di quasi -10% nei tassi di occupazione.
Gli andamenti del mercato del lavoro e le dinamiche occupazionali sono costantemente monitorati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali – MLPS [cfr. § 3.2] e dall’Istituto Nazionale di Statistica – ISTAT, la cui banca dati è liberamente consultabile e sono documentati tramite rapporti annuali.
Il decennio post-crisi 2008 è stato caratterizzato, in particolare, da due interventi legislativi di ampia portata volti a migliorare il funzionamento del mercato del lavoro italiano: la “riforma Fornero” e il “Jobs Act”.
La riforma Fornero (Legge 92/2012), di carattere sistemico, ha mirato a interviene sui pilastri portanti della regolazione del lavoro e delle politiche del lavoro, intervenendo secondo la logica della flexicurity sia sulla liberalizzazione dei rapporti di lavoro, sia sul rafforzamento delle misure di sostegno del reddito, sia sullo sviluppo delle politiche attive del lavoro.
Anche il Jobs Act (Legge Delega 183/2014 e successivi Decreti legislativi attuativi) ambisce ad agire a tutto campo sul mercato del lavoro e le politiche del lavoro:
- con riferimento alla regolazione dei rapporti di lavoro, il Jobs Act rafforza la liberalizzazione inaugurata dalla riforma Fornero, con l’intento di rilanciare l'occupazione, soprattutto giovanile, a tempo indeterminato. Con il Jobs Act viene introdotto (e incentivato tramite sgravi fiscali per le imprese che lo utilizzano) il “contratto a tutele crescenti”. Esso prevede la possibilità, per le imprese stesse, di licenziare con più facilità i nuovi assunti, ai quali nel caso spetta un'indennità in denaro proporzionale al tempo di servizio esercitato. Il Jobs Act inoltre liberalizza ulteriormente anche i contratti a tempo determinato, fissando però un tetto al loro utilizzo; abolisce il job sharing e il lavoro a progetto; rivede la normativa sul part-time, prevedendo l'utilizzo di questo tipo di contratto anche in alternativa al congedo parentale.
- Sul fronte degli ammortizzatori, il Jobs Act prosegue lo sforzo di ampliare la quota di lavoratori coperti dalle indennità, rivedendo anzitutto l’indennità di disoccupazione ordinaria (Nuova assicurazione sociale per l’impiego – NASPI), introducendo l’Assicurazione sociale di disoccupazione (ASDI) per i disoccupati di lungo periodo, e la DISCOLL per i collaboratori, i dottorandi e gli assegnisti. Infine rivede in chiave restrittiva la Cig.
- Sul fronte delle politiche attive del lavoro, sempre nell’alveo del Jobs Act, con il lgs. 150/2015, viene istituita l'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) [cfr. §. 3.2.], finalizzata a coordinare la rete dei servizi per i disoccupati e un Ispettorato unico per i controlli sulla sicurezza e regolarità del lavoro. Inoltre viene agevolato il ricorso all’apprendistato per l’assunzione dei giovani sino a 29 anni.
Le riforme del mercato del lavoro rappresentano un tassello fondamentale della strategia italiana di rilancio dell’occupazione, anche (ma non solo) di quella giovanile, e concorrono a definire il quadro normativo e istituzionale entro cui si vanno a innestare le politiche occupazionali rivolte in modo specifico ai giovani, tra le quali, in particolare:
- lo sviluppo dell’alternanza scuola-lavoro e lo sviluppo del “modello di apprendimento duale” [cfr. § 3.5];
- l’implementazione di una politica di incentivi economici a favore delle imprese per sostenere l’assunzione di giovani, un forte investimento nel piano Garanzia Giovani[cfr. § 3.6] per contrastare il fenomeno dei NEET;
- la promozione di forme di autoimpiego e di autoimprenditorialità[cfr. § 3.9];
- l'istituzione della GOL (Garanzia dell'Occupabilità dei lavoratori) del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) da costruire insieme alle Regioni nell'ambito della MISSION 5 del piano: coesione e inclusione.
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