6.1 Contesto generale
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- Principali tendenze della partecipazione dei giovani all’istruzione e alla formazione
- L’organizzazione del sistema d’istruzione e formazione
- Concetti principali
Principali tendenze della partecipazione dei giovani all’istruzione e alla formazione
Nell'anno scolastico 2021-2022, nella scuola pubblica italiana accolgono 7.407.312 studenti. Di questi 277.840 sono disabili, una cifra in costante aumento negli ultimi anni (Focus 2021-22 Ministero dell'Istruzione).
Nel biennio precedente (2020-2021) il numero degli studenti disabili era 268,671.
Nel 2021-2022, nella scuola secondaria di II grado la metà degli studenti frequenta un percorso liceale (51%), il 31,7% frequenta un percorso tecnico e il 17,3% un percorso professionale.
Per quanto concerne la distribuzione regionale degli studenti per percorso di studio, osservando in ciascuna regione la distribuzione tra i percorsi di studio, si rileva che il Veneto ha la più alta quota di studenti che sceglie un percorso tecnico (38,7%), l’Emilia Romagna ha la più alta quota di studenti che segue un percorso professionale (20,3%), il Lazio la quota più alta di studenti che sceglie il percorso liceale (63,4%).
Secondo gli ultimi dati disponibili del Ministero dell’Istruzione, nel 2019-2020 le studentesse e gli studenti con cittadinanza non italiana (in riferimento all’anno scolastico 2019/2020) costituiscono il 10,3% della popolazione scolastica: sono circa 877.000 su un totale di 8.484.000 ragazze e ragazzi che lo scorso anno hanno frequentato le scuole del Paese. La popolazione scolastica nel 2019-2020 è scesa complessivamente di quasi 96 mila unità (-1,1% rispetto all’anno precedente). Gli studenti italiani, in particolare, hanno registrato una flessione di circa 115 mila unità (-1,5%), a fronte, invece, di un incremento di 19 mila studenti con cittadinanza non italiana (+2,2%), per cui l’incidenza di questi ultimi sul totale della popolazione è passata dal 10,0% a 10,3%. Tra il 2010/2011 e il 2019/2020, gli studenti con cittadinanza non italiana sono aumentati del 23,4% (+166 mila unità). Prevalgono le seconde generazioni: il 65,4% delle studentesse e degli studenti di origine non italiana è nato nel nostro Paese.
Secondo gli ultimi dati Istat (2020), il 38,5% degli adulti ha il diploma di scuola secondaria superiore e solo il 16,2% ha raggiunto un titolo terziario.
Nel Nord e nel Centro circa il 45% è diplomato e più di uno su cinque è laureato (21,3% e 24,2% rispettivamente nel Nord e nel Centro). Il divario territoriale nei livelli di istruzione è indipendente dal genere, sebbene più marcato per la componente femminile.
Secondo l’Istat i livelli di istruzione crescono in misura piuttosto simile nelle ripartizioni geografiche: la popolazione con almeno il diploma aumenta di +0,8 punti nel Nord, di +0,4 nel Centro e di +0,7 punti nel Mezzogiorno; stessa dinamica per la popolazione laureata che cresce rispettivamente di +0,6, +0,5 e +0,4 punti.
Sempre secondo Istat, in Italia, nel 2020 la quota di giovani che hanno abbandonato gli studi precocemente è pari al 13,1%, per un totale di circa 543 mila giovani, in leggero calo rispetto al 2019. L’abbandono scolastico caratterizza i ragazzi (15,6%) più delle ragazze (10,4%) e per queste ultime si registra una diminuzione anche nell’ultimo anno (-1,1 punti). I divari territoriali sono molto ampi e persistenti. Nel 2020, l’abbandono degli studi prima del completamento del sistema secondario superiore o della formazione professionale riguarda il 16,3% dei giovani nel Mezzogiorno, l’11,0% al Nord e l’11,5% nel Centro. Il divario territoriale tra Nord e Mezzogiorno si è ridotto a 5,3 punti nel 2020, grazie al calo registrato nel Mezzogiorno, dopo la sostanziale stabilità che aveva caratterizzato il quinquennio precedente (7,7 punti nel 2019).” Con riferimento al sistema d’istruzione, INVALSI (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) ha avviato un piano d’intervento per la riduzione dei divari territoriali.
Il tasso di abbandono scolastico in Italia, dopo un decennio di calo costante, nel 2018 è leggermente aumentato, soprattutto a causa di un forte aumento tra i giovani nati all'estero. Nel 2018 la percentuale totale degli abbandoni scolastici tra i giovani dai 18 ai 24 anni è stata del 14,5 %, con un aumento di 0,5 punti percentuali rispetto al 2017. Si tratta di una percentuale inferiore all'obiettivo di Europa 2020 dell'Italia, ma superiore alla media UE del 10,6 %. Sebbene il tasso di abbandono scolastico dei giovani stranieri nati in Italia sia rimasto invariato rispetto all'anno precedente (12 %), il tasso di abbandono scolastico dei giovani nati all'estero è salito dal 30 % nel 2017 al 35 % nel 2018, ben al di sopra della media UE del 20,2 %. Ciò è dovuto alla crescita degli studenti stranieri nati all'estero iscritti al sistema scolastico italiano (+1,9 %), che bilancia il calo degli studenti nati in Italia (-1,2 %).
I giovani non inseriti in un percorso scolastico/formativo e neppure impegnati in un’attività lavorativa, NEET (Neither in Employment nor in Education and Training) costituiscono una particolarità dell’Italia. Secondo l’Istat, nel 2020 i giovani che non studiano e non lavorano in Italia hanno raggiunto il dato medio preoccupante del 23,3%. Ed è il Nord a crescere maggiormente, segnando un +2,3% rispetto al 2019. Nel 2019, la ricerca ‘Il silenzio dei NEET - giovani in bilico tra rinuncia e desiderio’ del Comitato Italiano dell’UNICEF nell’ambito del progetto ‘NEET Equity’, col sostegno del Dipartimento per le Politiche Giovanili ed il Servizio Civile Universale nell’ambito dell’Avviso ‘Prevenzione e contrasto al disagio giovanile, mette in evidenza che in Italia la questione dei NEET è intrecciata ad altri gravi svantaggi e forme di povertà, analizzate nello studio comparativo tra 41 paesi OCSE/UE. In riferimento alla popolazione minorile:
- nella graduatoria sul divario reddituale relativo l'Italia si colloca al 35° posto su 41 paesi;
- per il divario nei risultati scolastici è al 22° posto su 37 paesi;
- nella disuguaglianza nell'ambito della salute è al 28° posto su 35 paesi;
- per la disuguaglianza espressa in termini di soddisfazione nei confronti della propria vita da parte dei minorenni è al 22° posto su 35 paesi.
In alcuni momenti chiave del ciclo scolastico, vengono valutati da INVALSI i livelli di apprendimento di alcune competenze fondamentali in Italiano, in Matematica e in Inglese. In base all’elaborazione dei risultati delle prove sono ottenute indicazioni per la valutazione a livello di classe, di istituto, regionale e nazionale.
Secondo i dati delle Prove INVALSI 2021, i bambini più piccoli hanno mantenuto buoni livelli di risultato. Sia in italiano sia in matematica i risultati sono sostanzialmente soddisfacenti e portano alla conclusione che la Scuola Primaria ha conservato nei mesi di pandemia una situazione pressoché in linea con il periodo pre-pandemico. I dati INVALSI 2021, i primi dopo la pausa forzata dalla didattica in presenza dovuta alla pandemia Covid-19, confermano l’esistenza nella nostra scuola di fenomeni già osservati nelle rilevazioni del periodo pre-pandemico. Ciò conferma il valore informativo che questi dati hanno, per la scuola in primis ma anche per il più ampio contesto sociale e politico.
La principale novità del 2019 è stata l’introduzione delle prove INVALSI anche al termine della scuola superiore (96% gli studenti che le hanno sostenute). A livello nazionale, il 65,4% degli studenti raggiunge risultati almeno adeguati in Italiano, il 58,2% in Matematica. Per l’Inglese i programmi di tutti gli indirizzi delle scuole superiori prevedono il livello B2. Nella prova di Inglese‐lettura (reading) il 51,8% raggiunge il B2, mentre nella prova di Inglese‐ascolto (listening) tale percentuale scende al 35%.
Nel 2014 INVALSI ha anche avviato un progetto di ‘Misurazione diacronica e longitudinale dei livelli di competenza degli studenti’. L'obiettivo è valutare i livelli di competenza degli studenti in italiano e matematica. La nuova caratteristica di questo progetto è il suo obiettivo di andare oltre le normali valutazioni annuali a sé stanti, che permettono solo confronti con la media annuale, per costruire un sistema che valuti i progressi degli studenti nel tempo, dall'inizio della scuola primaria al completamento della scuola secondaria di secondo grado. Il progetto raccoglierà dati sia a) a livello micro-sociale, in modo che ogni scuola possa attingere informazioni sull'efficacia dei propri sistemi pedagogici e organizzativi, e b) a livello macro-strutturale, sull'intero sistema di istruzione, per supportare i decisori politici fornendo loro una solida base di dati fattuali.
I dati relativi all’anno scolastico 2017-2018 pubblicati dal Ministero dell’Istruzione rivelano che gli alunni nelle scuole italiane con DSA (dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia) sono 276.109 e sono passati dallo 0,7% nell’anno scolastico 2010-2011 al 3,2% sul totale degli alunni nell’ultima rilevazione disponibile. Il dato sale al 4,7% degli alunni nella scuola secondaria di II grado.
I giovani italiani sono più istruiti del resto della popolazione italiana: nel 2019, oltre i tre quarti (76,2%) dei 25-34enni ha almeno il diploma di scuola secondaria superiore, a fronte di appena la metà (50,3%) dei 55-64enni, del 57,7% dei 45-54enni e del 68,3% dei 35-44enni. Lo svantaggio dell’Italia rispetto al resto dell’Europa nei livelli di istruzione della popolazione, pur riducendosi nelle classi di età più giovani, resta comunque marcato. Nel 2019, in Italia, la quota di giovani laureati non cresce (27,6%; -0,2 punti rispetto al 2018). La bassa quota di giovani con un titolo terziario risente anche della ridotta disponibilità di corsi terziari di ciclo breve professionalizzanti, in Italia erogati dagli Istituti Tecnici Superiori. Sussistono divari di genere per cui una giovane su tre è laureata, mentre lo è solo un giovane su cinque, un vantaggio peraltro superiore a quello medio europeo. Secondo il report Istat “L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità a.s. 2020-2021”, nell’anno scolastico 2020-2021, sono aumentati gli alunni con disabilità che frequentano le scuole italiane (+4mila, il 3,6% degli iscritti). Continua a crescere il numero di insegnanti per il sostegno, con un rapporto alunno-insegnante migliore di quello previsto dalla legge, ma uno su tre non ha una formazione specifica e il 20% viene assegnato in ritardo.
L’organizzazione del sistema d’istruzione e formazione
L'istruzione obbligatoria ha la durata di 10 anni, da 6 a 16 anni di età, e comprende gli otto anni del primo ciclo di istruzione e i primi due anni del secondo ciclo (Legge 296/2006), che possono essere frequentati nella scuola secondaria di secondo grado – statale – o nei percorsi di istruzione e formazione professionale regionale. Inoltre, per tutti i giovani si applica il diritto/dovere di istruzione e formazione per almeno 12 anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica professionale triennale entro il 18° anno di età in base a quanto previsto dalla legge 53/2003. L'istruzione obbligatoria può essere realizzata nelle scuole statali e nelle scuole paritarie (legge 62/2000), che costituiscono il sistema pubblico di istruzione, ma può essere assolta anche nelle scuole non paritarie (legge 27/2006) o attraverso l'istruzione familiare. In questi ultimi due casi, però, l'assolvimento dell'obbligo di istruzione deve sottostare ad una serie di condizioni, quali l'effettuazione di esami di idoneità.
Il sistema educativo di istruzione e formazione è articolato in più livelli e la consistenza dell’offerta scolastica nei diversi livelli è variabile.
- Il Livello pre-primario comprende un sistema integrato zero-sei anni, non obbligatorio, della durata complessiva di 6 anni, articolato in servizi educativi per l’infanzia¸ gestiti dagli Enti locali, direttamente o attraverso la stipula di convenzioni, da altri enti pubblici o dai privati, che accolgono i bambini tra i tre e i trentasei mesi; scuola dell’infanzia, che può essere gestita dallo Stato, dagli Enti locali, direttamente o attraverso la stipula di convenzioni, da altri enti pubblici o dai privati, che accoglie i bambini tra i tre e i sei anni;
- Primo ciclo di istruzione, obbligatorio, della durata complessiva di 8 anni, articolato in
scuola primaria, di durata quinquennale, per le alunne e gli alunni da 6 a 11 anni; scuola secondaria di primo grado, di durata triennale, per le alunne e gli alunni da 11 a 14 anni; - Secondo ciclo d’istruzionearticolato in due tipologie di percorsi: scuola secondaria di secondo grado, di durata quinquennale, per le studentesse e gli studenti che hanno concluso positivamente il primo ciclo di istruzione. Le scuole organizzano percorsi di liceo, di istituti tecnici e di istituti professionali per le studentesse e gli studenti dai 14 a 19 anni; percorsi triennali e quadriennali di istruzione e formazione professionale (IeFP) di competenza regionale, rivolti sempre alle studentesse e agli studenti che hanno concluso positivamente il primo ciclo di istruzione.
- Istruzione superiore offerta dalle Università, dalle istituzioni dell'Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica (AFAM) e dagli istituti tecnici Superiori (ITS) con diverse tipologie di percorsi: percorsidi istruzione terziaria offerti dalle Università; percorsi di istruzione terziaria offerti dalle istituzioni dell'AFAM (Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica); percorsi di formazione terziaria professionalizzante offerti dagli ITS (Istituti Tecnici Superiori) in collaborazione con università e enti datoriali.
- Sistema di istruzione degli adulti (IDA) fa riferimento all’insieme delle attività educative tese all’acquisizione di una qualifica in età adulta. Il settore è di competenza del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Questo tipo di offerta è finanziato con risorse pubbliche ed è gratuito per chi vi partecipa (a partire da 16 anni di età). L’istruzione degli adulti formale è organizzata presso i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (CPIA) e dagli istituti di istruzione superiore. L’offerta nel sistema di istruzione degli adulti comprende: percorsi di I livello (realizzati dai CPIA) finalizzati al conseguimento del titolo di studio conclusivo del primo ciclo di istruzione e della certificazione, attestante le competenze di base acquisite al termine dell’istruzione obbligatoria nell’istruzione professionale e tecnica; percorsi di II livello (realizzati dalle scuole secondarie di II grado) finalizzati al conseguimento del diploma di istruzione tecnica, professionale e artistica; percorsi di alfabetizzazione e di apprendimento della lingua italiana per adulti stranieri finalizzati al conseguimento di un titolo attestante il raggiungimento di un livello di conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello A2 del QCER (realizzati dai CPIA).
A questi si aggiungono i corsi di formazione all’interno degli Istituti Penitenziari e nei Servizi Minorili della Giustizia, sia per adulti che per minori, per i quali è stato avviato uno specifico programma nazionale.
La dispersione scolastica, che spesso sfocia nell’abbandono dei percorsi di istruzione e formazione, ha radici lontane, geo-storiche e culturali. Gli elevati livelli di drop-out sono stati solo in parte ridimensionati grazie all’innalzamento del diritto-dovere di formazione fino ai 18 anni (2003) e all’obbligo di istruzione ai 16 anni (2006) da espletare sia nella scuola sia nella formazione professionale. Buoni risultati derivano anche da una varietà di progetti scolastici sostenuti dai programmi europei di sviluppo regionale (PON e FESR, 2000/06; 2007/13; Piano Azione coesione, 2012/14 Cohesion Action Plan, 2014/20;) al Centro-Sud. Tuttavia, persistono criticità che fanno dell’abbandono della scuola prima del diploma una problematica diffusa nel sistema scolastico italiano.
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