4.2 Amministrazione e governance
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In Italia la governance delle politiche sociali volte a contrastare la povertà e realizzare l’inclusione sociale investe una pluralità di soggetti pubblici, che intervengono in diversi livelli di programmazione e attuazione. Ad essi si affiancano nella definizione delle misure alcune categorie di soggetti privati.
In generale, la definizione delle politiche sociali è affidata alle autorità statali nazionali e territoriali, secondo una ripartizione di competenze che – a seguito della revisione costituzionale del 2001 - assegna allo Stato la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni e alle Regioni la competenza legislativa su interventi e servizi (“legislazione concorrente”), mentre i Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Il Governo e le Regioni definiscono il modello di gestione del processo di programmazione e attuazione delle politiche sociali di inclusione e integrazione dei soggetti svantaggiati, attraverso l’adozione di interventi e misure definite per legge.
Il settore non profit, attraverso una vasta rete di attori, svolge funzioni di mediazione e rappresentanza delle specifiche necessità dei singoli territori nei quali operano, condividendo e supportando gli obiettivi generali definiti dalle autorità nazionali. Si delinea così un sistema stratificato di attori che definiscono le misure di welfare.
Nello specifico, a livello nazionale, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali progetta, realizza e coordina gli interventi di politica del lavoro, di adeguatezza del sistema previdenziale, di politiche sociali, con particolare riferimento alla prevenzione e riduzione delle condizioni di bisogno e disagio delle persone e delle famiglie. Le principali aree in cui il Ministero svolge le proprie funzioni sono:
- la definizione della disciplina degli ammortizzatori sociali e della formazione, dei trattamenti d'integrazione salariale, dell'Assicurazione sociale per l'impiego, dei trattamenti di disoccupazione e mobilità e dei relativi aspetti contributivi; la promozione e il coordinamento delle politiche di formazione; l'attivazione dei fondi interprofessionali per la formazione continua; la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di riconoscimento e certificazione delle competenze e di alternanza scuola-lavoro;
- l'attuazione delle politiche previdenziali e assicurative; l'alta vigilanza e l'indirizzo sulle forme pensionistiche complementari;
- le politiche per la lotta alla povertà e per la programmazione sociale; l'attività di coordinamento e applicazione della normativa sulle prestazioni assistenziali erogate dagli enti previdenziali, con particolare riferimento alla pensione, all'assegno sociale e trattamenti di invalidità; l'attuazione della disciplina in materia d'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE); la definizione delle politiche per l'infanzia e l'adolescenza nonché per la tutela dei minori e il contrasto al lavoro minorile; le politiche in favore delle persone con disabilità e non autosufficienti.
- le politiche d'integrazione e quelle rivolte all'immigrazione; il coordinamento delle attività relative alla tutela dei minori stranieri; la promozione e il coordinamento degli interventi umanitari in Italia e all'estero attribuiti al Ministero;
- la promozione e il sostegno delle attività svolte dai soggetti del terzo settore e dalle imprese sociali, inclusa l'attuazione della normativa di riferimento.
Il Ministero, al fine di espletare in modo efficace il proprio ruolo, è affiancato da alcuni organismi che operano in campi specifici. Per esempio, l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL) è stata creata per rafforzare le politiche orientate al lavoro, per coordinare gli interventi per chi cerca lavoro e per gestire la ricollocazione dei disoccupati.
In ambito sociale, nel 2017 con la legge delega 33/2017 è stato istituito la Rete della protezione e dell’inclusione sociale (art. 21 del D. Lgs. 147/2017 istitutivo del REI), un organismo di coordinamento degli interventi e dei servizi sociali presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e composto da rappresentanti delle regioni, delle Province autonome, delle autonomie locali e dell’INPS, con la finalità di favorire una maggiore omogeneità territoriale nell’erogazione delle prestazioni e di definire le linee guida per gli interventi indicati. La legge 26/2019, istitutivo del Reddito di cittadinanza (RdC), ha costituito, nell’ambito della Rete, una Cabina di regia come organismo di confronto permanente con la Rete con la finalità di agevolare l’attuazione del RdC.
In tale contesto il Governo definisce i principi generali della strategia nazionale di contrasto alla povertà e del relativo Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà e la relativa dotazione finanziaria (a valere sia sulle risorse nazionali del Fondo povertà che su risorse comunitarie attraverso il PON Inclusione), e stabilisce, con la Legge 26/2019, che il Patto per il lavoro ed il Patto per l’inclusione sociale ed i sostegni in essi previsti, nonché la valutazione multidimensionale che eventualmente li precedere, sono livelli essenziali delle prestazioni.
Le Regioni attuano una propria programmazione degli interventi in linea con il Piano Nazionale di contrasto alla povertà, realizzando il principio di sussidiarietà orizzontale delle autonomie sociali presenti sul territorio, nell’ottica di un sistema integrato di interventi.
Nello specifico, le autorità regionali svolgono un ruolo di promozione dello sviluppo socio-economico partendo da un processo di programmazione sviluppato in un’ottica bottom-up. Si parte dai bisogni delle persone, dalle necessità del territorio e, attraverso un processo di negoziazione e concertazione tra i diversi attori (es. Conferenza delle Regioni, Province, Comitato dei Sindaci, ecc.), si definiscono le misure da adottare, sintetizzate nei c.d. POR (Piani Operativi Regionali). I POR saranno poi calati sulle realtà territoriali.
Le Regioni si impegnano, per esempio, a:
- accompagnare gli interventi nazionali con proprie politiche attive quali i “lavori di pubblica utilità” e i tirocini di inclusione sociale;
- promuovere e favorire forme di coinvolgimento delle imprese profit, anche nell’ambito del welfare aziendale;
- intraprendere azioni volte a ridurre la povertà e la marginalità a carico di persone e famiglie con grave disagio sociale
- favorire l’inclusione al lavoro, ponendo in essere anche azioni che contrastino il disagio personale, familiare e abitativo;
- rafforzare l’offerta e il miglioramento della qualità dei servizi sociali e socio sanitari, anche con riferimento alla prima infanzia e ai minori.
A completare il quadro dei soggetti interessati alla condivisione delle politiche sociali di inclusione, di fianco agli enti pubblici, si configurano gli organismi privati, presenti a livello locale: le associazioni. Essi svolgono funzioni di mediazione tra gli attori interessati alla definizione degli interventi, facendosi portavoce dei bisogni e delle necessità del territorio nel quale operano.
Ad esempio, le associazioni di promozione sociale sono organizzazioni del Terzo settore che svolgono attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi. Esse concorrono al raggiungimento di finalità sociali, civili, culturali e di ricerca etica e spirituale promuovendo la partecipazione e la solidarietà. Al riguardo, il Ministero del lavoro promuove il riconoscimento e il sostegno dell'associazionismo liberamente costituito e dei suoi interventi operativi nel sociale anche attraverso l’erogazione di contributi (CFR. par. 4.7)
In collaborazione con le regioni c'è anche l'implementazione del già citato GOL (Garanzia dell'Occupabilità dei lavoratori), dedicato alle politiche attive del lavoro che lavorano per l'inclusione e che sono incluse nella MISSIONE 5 del PNRR.
Il programma ha 5 obiettivi principali:
- Reinserimento lavorativo: per le persone più vicine al mercato del lavoro: servizi di orientamento e intermediazione che accompagnano al lavoro
- Upskilling: per i lavoratori più lontani dal mercato, ma ancora con competenze spendibili: interventi formativi prevalentemente di breve durata e a contenuto professionalizzante.
- Reskilling: per lavoratori molto lontani dal mercato e con competenze non adeguate ai bisogni attuali: formazione professionale più approfondita, generalmente caratterizzata da un innalzamento dei livelli di qualifica / EQF rispetto al livello di istruzione
- Lavoro e inclusione: nei casi di bisogni complessi, cioè in presenza di ostacoli e barriere che vanno oltre la dimensione lavorativa: in aggiunta ai servizi precedenti, l'attivazione della rete dei servizi territoriali (a seconda dei casi, educativi, sociali, socio-sanitari), analogamente a quanto già avviene per il Reddito di Cittadinanza (e prima per il REI)
- Ricollocazione collettiva: valutazione delle opportunità occupazionali sulla base della specifica situazione di crisi aziendale, sulla professionalità dei lavoratori coinvolti e sul contesto territoriale di riferimento, al fine di individuare soluzioni adeguate per tutti i lavoratori stessi.”
Per rendere più efficiente il sistema degli interventi tesi a favorire l’inclusione sociale e il contrasto alla povertà, sono stati recentemente innovati alcuni strumenti a supporto della gestione delle informazioni e dati che alimentano i data base della Pubblica amministrazione, così da favorire lo scambio informativo e rendere più semplice la cooperazione ai diversi livelli di intervento (nazionale e locale).
La legge delega 33/2017 e successivamente il D. Lgs. 147/2017 hanno previsto l’istituzione della già richiamata Rete della protezione e dell’inclusione sociale (CFR. par. 4) con la finalità di favorire una maggiore omogeneità territoriale nell’erogazione delle prestazioni e di definire le linee guida per gli interventi indicati.
La Rete è responsabile dell’elaborazione dei tre seguenti Piani adottati dal Governo e dal Ministero:
- Piano sociale nazionale 2021-2023: strumento di programmazione delle risorse afferenti al Fondo nazionale per le politiche sociali, individua, nel limite delle risorse disponibili, lo sviluppo degli interventi e dei servizi necessari per la progressiva definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali da garantire su tutto il territorio nazionale.
- Il piano d'azione per la povertà e i servizi sociali 2021-2023: strumento programmatico per l’utilizzo delle risorse del Fondo Povertà finalizzate al finanziamento degli interventi e servizi sociali per il contrasto alla povertà;
- Piano nazionale di non autosufficienza: volto a utilizzare programmaticamente le risorse del Fondo per le non autosufficienze per “assicurare l’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale con riguardo alle persone non autosufficienti”
Va poi segnalato un ulteriore strumento programmatorio, che rinvia alla cooperazione con il Ministero dell’Istruzione:
- Piano contro la Povertà educativa: un piano d’azione per intervenire in maniera efficace e sistemica nella direzione del contrasto del fallimento formativo.
In questo quadro, l’insieme degli interventi e servizi definisce uno spazio d’azione caratterizzato da alti livelli di integrazione degli strumenti afferenti agli ambiti sia sanitario che socioassistenziale e da dinamiche a forte rilevanza inter-istituzionale e inter-organizzativa (CFR. par. 4.6)
I Piani, che hanno un orizzonte temporale triennale con eventuali aggiornamenti annuali, individuano lo sviluppo degli interventi a valere sulle risorse dei Fondi cui fanno riferimento, con l’obiettivo di un raggiungimento graduale, nei limiti delle risorse disponibili, dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale. In questa cornice, il Piano individua le priorità nazionali, mentre, in coerenza con queste, i Piani regionali dovranno eventualmente indicare ulteriori specifici rafforzamenti da prevedere nei territori di competenza.
Saranno quindi i Piani regionali (o diversi atti di programmazione) a disciplinare le forme di collaborazione e cooperazione tra i servizi che permettono di raggiungere i risultati auspicati: ad esempio, a valere sui fondi dei POR del Fondo sociale europeo, i Piani regionali potranno prevedere meccanismi premiali volti a favorire l’efficacia e l’efficienza dei servizi tramite il rafforzamento della gestione associata.
Con riferimento alla prospettiva dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali, i Piani individuano:
- le priorità di finanziamento;
- l’articolazione delle risorse dei fondi tra le diverse linee di intervento;
- i flussi informativi e gli indicatori finalizzati a specificare le politiche finanziate e a determinare eventuali target (obiettivi) quantitativi di riferimento.
La Rete è anche chiamata ad elaborare apposite linee di indirizzo negli specifici campi d’intervento delle politiche che si riferiscono al sistema degli interventi e dei servizi sociali. Le linee di indirizzo si affiancano ai Piani, e costituiscono strumenti operativi per orientare le pratiche dei servizi territoriali, a partire dalla condivisione delle esperienze, dei metodi e degli strumenti di lavoro, allo scopo di assicurare una maggiore omogeneità nell’erogazione delle prestazioni.
Per quanto riguarda, gli “Interventi e servizi sociali per il contrasto alla povertà”, la legge 26/2019 conferma:
- il servizio sociale professionale per la presa in carico;
- i tirocini finalizzati all’inclusione sociale, all’autonomia delle persone e alla riabilitazione;
- il sostegno socio-educativo domiciliare o territoriale;
- l’assistenza domiciliare socio-assistenziale;
- il sostegno alla genitorialità e il servizio di mediazione familiare;
- il servizio di mediazione culturale nonché il servizio di pronto intervento sociale.
Al fine di garantire l’attuazione dei livelli essenziali relativi agli interventi e ai servizi sociali per il contrasto alla povertà, le risorse del Fondo Povertà sono attribuite agli ambiti territoriali delle Regioni, fermi restando gli interventi afferenti alle politiche del lavoro, della formazione, sanitarie e socio-sanitarie, educative, abitative, nonché delle altre aree eventualmente coinvolte nella valutazione e progettazione, previsti a legislazione vigente sulla base del Sistema Informativo Unitario dei Servizi Sociali (SIUSS).
L'articolo 24 del D.Lgs. 147/2017 ha istituito il Sistema informativo unitario dei servizi sociali (SIUSS) presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il SIUSS è chiamato ad integrare e sostituire il sistema informativo dei servizi sociali ed il casellario dell'assistenza. Entrambi, conseguentemente, vengono soppressi. Al SIUSS sono attribuite le seguenti finalità: - assicurare una compiuta conoscenza dei bisogni sociali e delle prestazioni erogate dal sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali e di tutte le informazioni necessarie alla programmazione, gestione monitoraggio e valutazione delle politiche sociali; - monitorare il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni; - rafforzare i controlli sulle prestazioni indebitamente percepite; - disporre di una base unitaria di dati funzionale alla programmazione e alla progettazione integrata degli interventi mediante l'integrazione con i sistemi informativi sanitari, del lavoro e delle altre aree di intervento che risultano rilevanti per le politiche sociali, oltre che con i sistemi informativi di gestione delle prestazioni che già rientrano nelle disponibilità dei comuni; - elaborare dati a fini statistici, di ricerca e di studio.
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